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Eugene O’Neill

Drammaturgo statunitense (New York 1888 – Boston 1953). Poeta lirico portato a esprimersi in forma drammatica per la maniera vivacemente dialettica con cui concepì la vita, O’Neill accentuò ora un amaro realismo ora un’immaginazione romantica e ne fu condotto verso un simbolismo mai intellettualistico. Gli fu assegnato (1936) il premio Nobel.

Figlio di un attore, studiò alle università di Princeton (1906-07), Harvard (1914-15) e si laureò in quella di Yale (1926). Ebbe giovinezza avventurosa: viaggiò nell’America Centrale e Meridionale, nell’Africa meridionale, in Inghilterra e per due anni navigò. Dopo essersi occupato d’affari e aver fatto il giornalista, divenne attore. Stabilitosi a Provincetown, si associò con attori locali e cominciò nel 1914 a scrivere brevi drammi. Ha vinto tre volte il premio Pulitzer: nel 1920 (Beyond the horizon/”>Horizon), 1922 (Anna Christie), 1928 (Strange Interlude).

Opere:

Interruppe dopo un anno gli studi universitari per un’avventurosa serie di viaggi, dalle cui esperienze nacquero sette opere in un atto (Bound East for Cardiff, 1916; The moon of the Caribbees, 1919; ecc.). Sviluppando l’orientamento naturalistico, diede Beyond the horizon (1920). Già in quest’opera si nota il duplice aspetto dell’arte di O’Neill: realismo talora violento e tendenza immaginativa a crearsi un’esistenza diversa dal reale. In questo dramma i due aspetti non si fondono e il loro contrasto è trattato in maniera piuttosto dilettantesca. In seguito scrisse: Diff’rent (1920), Anna Christie, Gold, The straw (tutti del 1921), The first man (1922), All God’s chillun got wings (1924, in difesa dei Negri), Desire under the elms (1924), ricco di spunti psicanalitici. Parallelamente, O’Neill aveva risentito l’influenza del teatro europeo (H. Ibsen, A. Strindberg e gli espressionisti tedeschi) e aveva scritto secondo un orientamento espressionistico The emperor Jones (1921) e The hairy ape (1922). L’elemento poetico e romantico, fondamentale nella sua personalità, e che esprime un profondo pessimismo e fatalismo in cui non sarebbe errato vedere una eco della dottrina calvinistica della predestinazione, trovò espressione in The fountain (1925), The great God Brown (1926, dove l’uso delle maschere vuole esprimere la differenza tra l’individuo reale e ciò che egli appare nella società umana); Lazarus laughed (1927), Marco Millions (1928, contro l’avidità e il materialismo contemporanei). In Strange interlude (1927) infranse tutte le regole rappresentando in nove atti, in cui il flusso continuo della coscienza si vale del vecchio espediente delle battute in disparte (l’attore che parla dà a sé stesso la risposta del suo individuo interiore): una tragedia di desideri frustrati. Tipico della psicanalisi è anche il trasferimento moderno di miti classici nella trilogia Mourning becomes Electra (1931), dominata dal senso del fato. Con la parentesi d’una commedia piacevole, Ah wilderness! (1933), il resto della sua opera è animato dal pessimismo, dall’antimaterialismo e dall’interesse per i problemi religiosi. Di quest’ultimo periodo si citano: Dynamo (1929), Days without end (1934), The iceman cometh (1946) e la tragedia autobiografica Long day’s journey into night che, scritta nel 1940, O’Neill volle divulgata solo dopo la sua morte (è stata rappresentata nel 1956). Egli stesso dichiarò che suo tema, più che i rapporti tra uomini, erano i rapporti tra l’uomo e Dio.

(dall’Enciclopedia Treccani)