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THORNTON WILDER



“Cancel whatever you’re doing tonight and go and see this show” – Chris Jones, The Chicago Tribune.
Così le critiche della ripresa di Piccola Città a New York, a 72 anni dal suo primo debutto. Lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito e le repliche sono state prorogate fino al 31 gennaio 2010 al Barrow Street Theatre.
Figura centrale nella storia della letteratura del XX secolo, Wilder è il solo ad oggi ad aver vinto il Premio Pulitzer sia per la narrativa (con The Bridge of San Luis Rey romanzo del 1928) che per la drammaturgia, con ben due opere: Piccola Città e La famiglia Antrobus. Tra sue pièce teatrali ricordiamo anche la commedia La sensale di Matrimoni, che conobbe un ulteriore periodo d’oro nella famosissima versione musicale Hello, Dolly!.

Piccola Città venne messa in scena per la prima volta nel 1938 suscitando un grande clamore, disorientando pubblico e critici, più per l’assenza di scenografia che per i contenuti: sul palcoscenico – per precise disposizioni dell’Autore – niente scenari. Gli attori facevano finta di prendere oggetti che non esistevano, si affacciavano a finestre che non c’erano…
Nel 1940 lo stesso autore, con Harry Chandlee e Frank Craven, cura la trasposizione cinematografica dell’opera. Trasposizione fedele di quel che è ormai considerato un classico del teatro nordamericano del Novecento con qualche variante: la rinuncia all’assenza di scenografia e delle suppellettili e la scena del cimitero dove i morti ritornano a parlare trasformata in sogno.

In Italia, l’opera di Wilder viene rappresentata per la prima volta nel 1942 al Teatro Nuovo di Milano da Remigio Paone, con la Compagnia Elsa Merlini-Renato Cialente. Anche qui il debutto non passò inosservato: il pubblico si divise in due, da una parte applausi, dall’altra schiamazzi e urla di protesta durante e dopo la recita. Entrerà nella storia della cronaca teatrale italiana, ma fu assai poco gradita al Regime…