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YIANNIS RITSOS



“*La poesia fa parte della vita. Non sta dalla parte della morte. La poesia è l’espressione estrema. È la lotta instancabile contro la morte, contro ogni forma di morte. E la morte non è solo la fine fisica di un uomo, la fine della vita di un essere… No. La morte prende principalmente le forme dell’ingiustizia e dello sfruttamento, dell’invasione e della privazione… Prende la forma della paura, della mancanza di nutrimento, dell’assenza di soddisfazione… La morte è il desiderio mortificato degli individui… E la poesia lotta contro tutte queste forme di morte. Vuole cancellare le cause che provocano la disperazione, che rendono l’uomo rassegnato, sterile, che lo distruggono…
Questo vuol dire che la poesia partecipa sempre alla creazione di una vita, della vita umana. Il suo lavoro, il suo desiderio, la sua lotta è sempre la vita infinita, è tornare a consegnare la vittoria alla vita… La poesia emerge dalle oscurità, dalle tenebre, dai labirinti delle malvagità, dai labirinti di ogni terrore, di ogni ingiustizia, di ogni tirannia… Assume su di sé la complessità delle cose e le illumina… Così trova le strade per comunicare con tutti… Nella poesia tutto il mondo si parla. E insieme a tutti la poesia celebra alla vita*”.
Le temps, Tunisi, 14-16 agosto 1984.

L’anno scorso ricorreva il centenario della nascita di Yiannis Ritsos, una delle voci più forti della poesia greca contemporanea.
Gli anni della guerra civile e delle persecuzioni politiche suggerirono a Ritsos poesie nelle quali denuncia l’oppressione affermando ostinatamente la sua fede nell’uomo: è del 1936 il lungo poema Epitaphios – bruciato pubblicamente dalla dittatura di Metaxas – che, con la musica di Theodorakis, sarà la miccia della rivoluzione culturale greca del 1960.
Sull’onda di ispirazione dell’eredità classica greca, Ritsos compone i poemetti mitologici di Quarta dimensione, splendidi monologhi che hanno conosciuto largo uso teatrale. Alcuni di questi monologhi sono: Persephone (1965-1970), Agamemnon (1966-1970), Ismene (1966-1971), Ajax (1967-1969) scritti durante la deportazione, e poi, tra gli altri, Helena (1970-1972), e Phaedra (1974-1975).